RINVIATA LA LOTTA AGLI ANTIBIOTICI NEGLI ALLEVAMENTI ANIMALI
Nell’allevamento degli animali si fa abbondante uso di antibiotici ad uso preventivo e non solo…
Il Fatto quotidiano e Greenpeace hanno lanciato una ricerca sulle microplastiche nell’ambiente il loro passaggio nei cibi e i loro effetti sulla salute umana. L’obiettivo è ridurre gli usi della plastica e la sua dispersione in ambiente. La campagna si chiama CARRELLI DI PLASTICA
Secondo gli ultimi studi di settore, ogni anno l’uomo mangia 53mila microparticelle. I rischi? “Veicolare in continuazione sostanze chimiche nel nostro corpo”.
in pesci, sale, miele, latte e soft drink, dovunque sia stata cercata, la plastica è stata trovata, anche se in dimensioni, concentrazioni e con una frequenza assai diverse da un prodotto all’altro. Dipende da vari fattori come, nel caso degli organismi marini, dalle aree di pesca e dalle correnti. L’essere umano è condannato a mangiare plastica? Capire dove si concentrano i frammenti aiuta a ridurre il rischio di ingerirla quando arriva, invisibile, fino in tavola Sono recenti le ricerche, infatti, i cui risultati hanno fatto il giro del mondo e che hanno accertato una certa concentrazione di polimero nel sangue umano e frammenti di plastica nella placenta e nelle feci .
le informazioni più dettagliate arrivano proprio dagli studi su organismi marini.
Gli studi riferiscono di una certa presenza di microplastiche nell’apparato gastrointestinale del pesce, sostanzialmente nelle viscere che, se parliamo di un filetto, eliminiamo quando lo puliamo. Nella parte muscolare che mangiamo, invece, sono presenti le nanoplastiche”. Non è una buona notizia: Sono potenzialmente molto più pericolose, perché possono più facilmente essere trasferite, attraverso lo stomaco, nel sistema circolatorio e distribuirsi nei tessuti umani
In generale le specie più soggette a entrare in contatto con queste microparticelle sono quelle che vivono su fondali e si nutrono di tutto quello che c’è in profondità e quelle pescate in aree più vicine alla costa o dove l’impatto antropico da plastica è maggiore, ma dipende anche da altri fattori, come le stagioni e le correnti.
L’uomo è esposto a tantissime forme di impatto. “Difficile stabilire quale sia, per le microplastiche, la relazione causa-effetto. In laboratorio, però – spiega Gorbi – abbiamo visto che organismi vertebrati e invertebrati subiscono alterazioni dei sistemi gastrici e digestivi, dell’apparato branchiale, respiratorio, oltre che locomotore nel caso delle microplastiche che possono bloccare pinne e bocca”. Sono stati riscontrati anche effetti indiretti ai sistemi immunitario e antiossidante e, in alcuni casi, danni genotossici o al sistema nervoso. “Possiamo dunque aspettarci un effetto simile sull’uomo, ma è molto difficile da provare.
queste microparticelle sono capaci di assorbire sulla propria superficie sostanze organiche, inclusi contaminanti, come pesticidi e idrocarburi presenti, per esempio, in ambiente marino a causa dell’impatto dell’uomo”. Oltre al fatto che, per realizzare oggetti di plastica “non si utilizza il semplice polimero vergine, polietilene, polipropilene o polistirene, ma anche sostanze che ne conferiscono determinate proprietà, come elasticità o colore”. Nel momento in cui l’uomo (o un animale di cui si ciba) ingerisce un pezzettino di microplastica, c’è il rischio di essere contaminati da queste sostanze
Ed anche se la microplastica viene eliminata nelle feci “questo circolo continuo non esclude il rischio di veicolare continuamente sostanze chimiche all’interno dell’organismo. Ad oggi servono altre indagi