perché fermare i nuovi OGM
L’emersione di nuove tecniche di ingegneria genetica, le cosiddette New genomic techniques, ha portato le istituzioni…
I Pfas sono da tempo nel mirino di Bruxelles. Lo scorso 19 settembre, la Commissione Europea ha adottato nuove misure nel quadro del regolamento Reach (la legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche) per restringere l’utilizzo in particolare del PFHxA (acido undecafluoroesanoico), che fa parte delle famiglie dei Pfas, e delle sostanze ad esse correlate. Sostanze, si legge in una nota della Commissione, che «sono molto persistenti e mobili nell’acqua e il loro uso in determinati prodotti rappresenta un rischio inaccettabile per la salute umana e per l’ambiente».
La restrizione, spiega ancora la Commissione, «si concentra sugli usi per i quali il rischio non è adeguatamente controllato, sono disponibili alternative e i costi socioeconomici saranno limitati rispetto ai benefici per la salute umana e per l’ambiente». In particolare, il divieto colpisce la vendita e l’uso di queste sostanze per «prodotti tessili di consumo, come i giubbotti antipioggia; imballaggi alimentari, come scatole per pizze; miscele per uso comune, come gli spray impermeabilizzanti; cosmetici come prodotti per la cura della pelle; e in alcune applicazioni di schiuma antincendio, ad esempio per l’addestramento e le prove, senza però compromettere la sicurezza».Escluse dal divieto, invece, altre applicazioni, come nei semiconduttori, nelle batterie o nelle celle a combustibile per l’idrogeno verde. La Commissione ricorda che il PFHxA è stato già utilizzato al posto di altre sostanze della famiglia dei Pfas già vietate. Il bando entrerà in vigore in periodi transitori tra 18 mesi e 5 anni, a seconda dell’uso, in modo da lasciare il tempo per trovare alternative più sicure. Nel febbraio del 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), ha pubblicato un dossier che contiene la proposta di restringere la produzione, la commercializzazione e l’utilizzo di circa 10.000 sostanze Pfas. Per la sua valutazione, l’Echo si è basata anzitutto su quella di esperti di autorità pubbliche di quattro Stati membri (Germania, Olanda, Danimarca e Svezia) più la Norvegia (che è fuori dall’Unione ma dentro il mercato interno), secondo i quali l’utilizzo e lo smaltimento di queste sostanze costituisce gravi rischi. Un bando di gran lunga più ampio di quello contenuto nel divieto varato lo scorso settembre, e tuttora in fase di valutazione.
Da avvenire 10-24