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Un gruppo di 19 scienziati appartenenti ad alcune delle principali istituzioni accademiche italiane e internazionali – tra cui il Politecnico di Torino, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, l’Università di Roma Tor Vergata e l’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari – ha pubblicato un articolo su One Earth che mette in discussione la decisione italiana di vietare la carne coltivata. Gli autori criticano aspramente il carattere ideologico e non scientifico del dibattito che ha portato al divieto, evidenziando i rischi per l’innovazione e il progresso tecnologico.
Nel dicembre 2023, l’Italia è diventata il primo paese al mondo a vietare la produzione e la commercializzazione di carne coltivata con la legge 172/2023, fortemente sostenuta da Coldiretti e appoggiata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Secondo l’associazione agricola, la carne coltivata (o meglio, definita sintetica con un volontario stravolgimento dei termini,) rappresenta una minaccia per l’ambiente, la salute umana e la libertà dei consumatori. Gli scienziati sostengono che queste affermazioni sono prive di solide basi scientifiche. Nel documento, i ricercatori sottolineano come il divieto sia stato adottato attraverso “un’applicazione incoerente del principio di precauzione”, affermando che “questa decisione non è stata guidata da un consenso scientifico”. Al contrario, è il frutto di pressioni politiche e di una narrazione ideologica costruita per proteggere interessi economici consolidati, senza considerare le potenzialità della carne coltivata
Gli autori ritengono che il linguaggio utilizzato da Coldiretti e sostenuto da parte del governo italiano alimenti una “neofobia alimentare”, ostacolando un dibattito razionale e informato. A tal proposito, gli scienziati dichiarano: “Il ricorso a termini come ‘carne sintetica’ o ‘artificiale’, oltre a essere impreciso, carica di connotazioni negative un prodotto che può rappresentare una soluzione sostenibile alle sfide alimentari globali” “L’agricoltura cellulare non è solo una sostituzione, ma può integrare la produzione convenzionale mitigando gli impatti ambientali legati alle emissioni di gas serra, al consumo di acqua e all’uso del suolo”, spiegano i ricercatori. Secondo gli autori, il divieto italiano rappresenta un precedente pericoloso che potrebbe rallentare la ricerca e gli investimenti nel settore, con conseguenze negative per l’intero paese. Gli scienziati concludono il loro appello invitando a un dibattito informato e multidisciplinare: “È necessario un approccio rigoroso che valuti vantaggi e preoccupazioni in modo equilibrato”. Solo attraverso un processo decisionale basato su evidenze scientifiche sarà possibile affrontare le sfide globali senza compromettere il progresso tecnologico e la libertà individuale.
Da salvagente 1-25